Domenico di Palo

da "Sotto coperta" (1985-1996)*

sotto coperta

   

ANNI SETTANTA

Il salto è
Di qualità
E
Com'è naturale
In linea
Con la prassi teorica
E quella pratica
Conseguenziale
All'analisi del sociale
E del capitale
Del ceto medio
Della città e della campagna
E
In una prospettiva costituzionale
Democratico antifascista
E popolare
Propedeutico s'intende
Alle riforme di struttura
Per le quali tu sai
Ci vuole una lotta dura.




INNOCENTE

Al giornalista compiacente
Che gli ha chiesto sorridente
Se dopo avere riflettuto
Su così pesanti accuse
Vuol rivolgersi alla gente

L'inquisito compiaciuto
(ed ancora più impudente)
Come a fare le sue scuse
Ha risposto puntualmente:
"Sono innocente."




LA SECONDA REPUBBLICA

Non c'è farina
Ma solo crusca

Nella squadra
Del berlusca.




POETI

In fondo
E' brava gente
Questa folla
Di poeti dilettanti
Volutamente ignoranti
Delle cose del mondo
Un po' ciarlatani
E a volte ruffiani
Intorno alle sottane
Di certe puttane.

Se cade una foglia
Ancora sospira
Il poeta di doglia
Se sbaglia la mira
Ancora ritorna
Il poeta alla lira
E tra l'una e l'altra
Guerra
È ancora il poeta
Che s'alza da terra
E canta commosso
Per tutti i poveri diavoli
Che si sparano addosso.




PER ORNAMENTO

Mi chiedi due versi per fartene ornamento
Considerato il caso ne scriverò duecento.




COMPLEANNO

(A Ena)


Sei nata il dodici gennaio
Del millenovecentoquarantacinque
A cuor leggero si può fare il paio
In un'antologia bilingue.

Ma occorre sforzo d'immaginazione
Occorre che tu mi dia l'imbeccata
La poesia è quasi in pensione
Saprei fare solo una frittata.

Eppure c'è una rosa nel bicchiere
Un passero frullante nelle aiuole.
E gli anni? Che importa quanti,

E' vero, ma a cuor sincero
Sappiamo già che sono tanti
Per dare ancora un senso alle parole.




ALBA DIES

Alba dies
Dies alba
Tutto il dies
Fin dall'alba
Per amare.

Sa di ribes
La tua bocca
Che oggi dies
A me tocca
Di baciare.

Alba dies
Dies alba
Alba alba
Nell'ebbrezza
Che bellezza!




PIU' FORTE

Terribile ed awful
Scrisse il poeta
È la potenza del riso.

Tu l'hai condiviso
Da uomo più saggio
Che messosi a dieta

Ha pure il coraggio
Di dirlo più forte
Adesso e nell'ora

Della nostra morte.




SOTTO COPERTA

Ricordati
Di santificare la festa


Vecchio animale
Dall'aria molesta.

Non stare più all'erta
Fammi dormire


Sotto coperta
È più dolce soffrire.




QUEL PASSEROTTO

(A Francesca)


Ricordi l'anno in cui quel passerotto
(un batuffolo nero
nell'angolo assolato)
entrò dal balcone nella stanza?

Fu per tutti un'allegria
una festa una danza
e per te che ancora
rotolavi per la casa
trovammo l'occasione
di dare al passerotto
un nome e un cognome
e finché volle restare
anche la ragione
di insegnargli a volare,

Era - se ricordi - di maggio
e dal fondo di quel pomeriggio
di primavera
sul passerotto nero
caduto per caso nella stanza
ti raccontai la storia
che poi ti piaceva
ascoltare la sera
nella selva di orsacchiotti di peluche
in cui ti addormentavi.

E ricordi la tristezza che ti prese
per quel ramo che vedesti spezzato
e il tuo pianto
per la candela che si spense
senza che vi avessi soffiato?
E ricordi la tua gioia
nel ritrovarmi sempre a lato?

Come una spiga di grano
ti ho vista d'un tratto
tutta sicura di sé
nel campo battuto dal vento.

Il mio bel passerotto
a volare ha imparato.

Ora gli sono le stelle
a portata di mano.

E non è certo un problema
non avermi più a lato.




ACCENDI LA LUNA

(A Pablo)


Accendi la luna sulle tue sere
come quando, bambino,
scatenando bufere nelle mie braccia
a cuna, mi chiedevi di fare
anche il mattino.

Accendi la luna nell'incertezza
e insegui promesse sottotraccia
le pallide impronte di antiche
scommesse, chiarezza senz'ombre.

Accendila tu la luna
non più immagine vana
pescata nel pozzo
ma bandiera che freme
ad un filo d'aria
che certo non teme
la maglia di lana.

La luna accendila tu
per quest'altro pezzo di strada
perché il tempo non si morda la coda
e per fare il gol della tua partita
della tua vita.




CHE FREDDO STASERA

Che freddo stasera
Si sta bene dentro
Non è primavera
Tu sei fuori centro

Tu sei fuori centro
Su questo divano
E cupo di dentro
Or chiedi una mano

Or chiedi una mano
Per come sei stanco
Su questo divano
Sdraiato di fianco

Sdraiato di fianco
Ti mangi la foglia
Di rosso e di bianco
Ti viene la voglia

Ti viene la voglia
Di farti un bicchiere
Lei varca la soglia
Si lascia vedere

Vedere di schianto
Tu resti commosso
E senza rimpianto
Poi salti nel fosso

Nel fosso si perda
O si vinca lo stesso
Finisce la merda
Ritrovi te stesso

Te stesso che ormai
Rivedi più stronzo
E scordi i tuoi guai
Soltanto se sbronzo

Se sbronzo di sera
Bel tempo si spera
Se sbronzo di notte
Non sono più rotte

Più rotte sicuro
Ché resta la lingua
Ti senti un siluro
Per quanto s'impingua

S'impingua verace
Al diavolo tutto
Evviva la pace
Vai pure col rutto

Col rutto ritorni
Ritorni di sponda
La notte i tuoi giorni
Sommergi nell'onda

Nell'onda gagliardo
Nell'onda provetto
Che dritto che bardo
Che bel do di petto

Di petto e di coscia
Di capo e di coda
Che crepi l'angoscia
Se pure ti roda

Ti roda il cervello
Ti sembri finita
Se chiama l'uccello
Ritorna la vita

La vita per Cristo
Ad esser sincero
Le storie ch'hai visto
Son meno di zero

Di zero per tanti
Bidoni a te dati
Si rida e si canti
Or sono passati

Passati di getto
Passati lo stesso
Ripeti a te stesso
È meglio sul letto

A letto soltanto
Par sempre più vero
Finisce ogni pianto
Ti senti più fiero

Più fiero e più pazzo
Non vai più di fretta
Per tanto sollazzo
Del cul fai trombetta

Trombetta che squilla
A pancia ripiena
Felice e tranquilla
Al Palio di Siena

Al Palio di Siena
Andando per strada
La notte ti mena
Per ogni contrada

Contrada dell'Oca
Oppur della Torre...
La voce è più fioca
Fatichi a comporre

Comporre una rima
Che ancora ti sfugge
Il vuoto di prima
Di nuovo distrugge

Distrugge d'un fiato
Infatti s'ammoscia
È un vero peccato
Ritorna l'angoscia

L'angoscia di quando
Non è primavera
Girando girando
Che freddo stasera.




IL SABATO IN CITTA'

(Da Giacomo Leopardi)


La fanciullina vien dalla campagna
In sul calar del sole
E reca in mano, siccome è sola
Cocaina e cocacola.

Siede con i figliocci
Al bar tranquillo il camorrista
E novellando vien del suo buon tempo
Quando ai dì della festa
Egli si armava
Per allungar di morti la sua lista.

E si fa più cupo il cielo
E di piombo scende un velo
Al gas di macchine rombanti
Che come se in pista
Fan girare tutti quanti.

Or l'allarme dà segno
Del ladro che in fretta
Alla casa di fronte
Ha voluto dar retta.

E a quel suon diresti
Che, ti piace o non ti piace,
Passeranno delle ore
Per avere un po' di pace.

E intanto riede
Alla sua lauta mensa
Fischiando l'assessore
E seco pensa
Di fornir l'opra
A chi per lui s'adopra.

Poi quando intorno è spenta
Ogni altra face
E tutto l'altro tace
Odi del vicin la TV che strilla
Odi le urla della famiglia
A cui di certo un imbranato
Senza nemmeno batter ciglio
Ha giustappunto telefonato
Che sull'autostrada
È morto un figlio.




L'ETA' DELL'AUTO

(Da Eugenio Montale)


I fanciulli si bloccavano nel salto
Per la rabbia che scoppiava e la paura.
Cresceva tra mille macchine e l'asfalto
La razza umana nell'aria impura.

Il passante sentiva come un supplizio
Il gas che saliva alle narici.
Nell'età dell'auto sulle strade infelici
Anche un piccolo spazio era uno sfizio.




UN PO' DI VINO

Mi piace, è vero, bere un po' di vino
Bianco oppure rosso, all'occasione,
Un pasto non è un pasto senza vino
E berlo con gli amici che passione!

Tanto meglio poi, col cuore in mano,
Se è bianco adamantino, un liquore,
Ma quello rosso scuro, tutto nostrano,
Mi diverte da morire per il colore.

E quanta gioia mi dà il suo sapore:
Mi sento quanto bevo un po' bambino.
Tu m'ascolti, ma sei triste e stanco

Non capisci la bontà dell'oro fino
E stando senza bere qui al mio fianco
Somigli esattamente quel cretino

Che un giorno davvero me li ha rotti
Perché, mentre io bevevo il vino,
Continuava a parlarmi di Andreotti.




*"Sotto Coperta", (versi 1985-1996), con una prefazione di Maria Marcone e una postfazione di Sandro Garrone, Bastogi Editrice Italana, Foggia 1997.

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